“Che lavoro fai?”
“Batterista”
“No vabbè, ma dico di lavoro, non come hobby…”
“Batterista”
“Ah!”
Ognuno ha la propria arte. Ci sono gli artisti della contabilità creativa, quelli che riescono a servirti un piatto di spaghetti arrotolandoli come dei gomitoli perfetti, quelli che si definiscono artisti per come riescono a montare le mensole senza violentare la parete, ci sono gli artisti del cappuccino che ti fanno il cuore sulla schiuma anche se ti presenti al bancone con una maglietta dei Darktrone.
Quindi ognuno di noi può essere artista, a modo suo. E nessuno può dare il patentino di artista a qualcuno, perché per essere definiti artisti non si superano esami né ci si presenta davanti ad una commissione giudicante: perché l’arte è, appunto, intangibile ed è il modo in cui esterniamo la creatività, ciò che pensiamo e ciò che sogniamo.
Questo preambolo democristiano serve a dirvi che #iolavoroconlamusica è ben diverso da #iolavoroANCHEconlamusica.
Ci si riempie spesso la bocca con “la musica non è riconosciuta”, “dei musicisti non frega niente a nessuno”, “non ci sono tutele per chi fa la professione”, etc., ed è tutto vero, sia chiaro. Quello che è successo nei mesi scorsi ha messo ancora più a nudo la mancanza di molte tutele per chi ha deciso di vivere solo di musica.
Da un lato la pandemia ha evidenziato quanto siano fondamentali alcune professioni usuranti e non di concetto, ma è pur vero che affrontare un lockdown senza il conforto di un libro, di un film o di un disco, sarebbe forse altrettanto grave che affrontarlo senza una pizza consegnata a domicilio. Anzi, a volte pure molto peggio. Con l’arte si mangia, anche, e non siamo noi i più titolati a spiegare perché la cultura debba giustamente anche essere una questione economica, peraltro in un paese come il nostro.
E allora, cari amici di #iolavoroconlamusica, voi *davvero* campate di sola musica? O 5 giorni su 7 fate un altro mestiere e nel weekend andate, legittimamente, in giro con la vostra band anche per guadagnare? Perché se così fosse, per pudore dovreste fare un passo indietro e far sentire la voce di chi non ha altre entrate economiche che non arrivino dalla propria arte.
Arrotondare con la musica è diverso dal VIVERE CON LA MUSICA, o vivere di musica.
Anche sperare di vivere di musica è una cosa diversa: se è quello il sogno, è giusto coltivarlo, studiare e fare la gavetta, anche facendo altri lavori nel frattempo. Ma non è di certo una campagna social a rendere più reale l’obiettivo.
Ci viene da dire questo dopo aver raccolto lo sfogo amaro di molti amici e conoscenti, di clienti di ogni parte d’Italia, di nostri colleghi e operatori del settore che hanno visto le proprie attività completamente bloccate: ora che si rivede un po’ di luce, c’è bisogno della massima solidarietà da parte di tutti e soprattutto da parte di chi ha quella sensibilità propria di chi fa arte, a qualunque livello.
Siamo vicini ai musicisti, agli insegnanti, ai tecnici, ai promoter, ai gestori dei locali e a chiunque abbia nel mondo musicale la propria fonte di reddito. Come noi del resto, che siamo al servizio di tutti quelli appena citati.
La prima cosa che TUTTI possiamo fare è tornare a frequentare i locali, vincere la pigrizia che ci inchioda alla poltrona e andare ai concerti di qualunque ordine e grado.
#iolavoroconlamusica non è un acchiappalike come le foto di un gattino che si rotola nella nutella, ma è un grido d’allarme che va ascoltato, capito e supportato. Non cavalcato.